La Bocca della Verità è un antico mascherone in marmo dalle sembianze maschili posto nella parete del pronao della Chiesa di Santa Maria in Cosmedin dal 1632.
Il volto barbuto, con occhi, naso e bocca cavi, è stato soggetto nel tempo a varie interpretazioni, ma quasi certamente la Bocca della Verità era nell'antica Roma uno dei tanti tombini collocati come spia di guardia alla piene del Tevere, che riportavano spesso l'effigie di una divinità fluviale che inghiotte l'acqua.
La Bocca della Verità |
Questo singolare oggetto è entrato a far parte delle leggende popolari che lo vorrebbero capace di manifestazioni sovrannaturali attribuendogli sia il potere di pronunciare oracoli, sia quello di mordere la mano a chi non affermi il vero.
Quest'ultima tradizione risale al 1485 ed è legata ad una curiosa leggenda medievale, secondo cui i mariti gelosi conducevano presso il monumento le proprie spose le quali, dopo aver introdotto la mano nella fessura della bocca, dovevano dichiarare di non aver commesso adulterio. Un trucco permetteva alla pietra di manifestarsi: uno o più addetti, posizionati dietro il lastrone di marmo, avevano il compito di punzecchiare con uno spillone o con delle forbici la mano della moglie presunta infedele.
Nel 1953 il film Vacanze Romane, con gli indimenticabili protagonisti Audrey Hepburn e Gregory Peck, ha consegnato la Bocca della Verità all’immaginario turistico mondiale.
Santa Maria in Cosmedin |
Santa Maria in Cosmedin
La chiesa in cui è posta la Bocca della Verità è una delle più antiche di Roma: le prime notizie relative a Santa Maria in Cosmedin risalgono infatti al VI secolo. Venne ampliata nel 782 da papa Adriano I e nel XII secolo assunse il suo aspetto attuale.
Il pronao e l'elegante campanile romanico sono opera di Alfano Camerario, potente amministratore dei beni pontifici. L'interno, ripristinato nelle sue forme originarie dell'VIII secolo, si presenta a tre navate divise da quattro pilastri e da diciotto colonne antiche sormontate da capitelli corinzi, alcuni di epoca romana.
Degni di nota sono il pavimento cosmatesco, alcuni frammenti degli antichi affreschi e il ciborio in stile gotico-fiorentino, opera di Deodato, terzo figlio di Cosma il Giovane.
Santa Maria in Cosmedin deve il suo appellativo al famoso e antico monastero di Costantinopoli, il Kosmidìon, al quale fece riferimento la corporazione nazionale greca affidataria della chiesa.
Fontana dei Tritoni e Tempio di Ercole Vincitore |
Fontana dei Tritoni
Di fronte alla Chiesa, in centro alla Piazza, sorge la Fontana dei Tritoni. Ispirata alla celebre fontana di Gian Lorenzo Bernini, è stata progettata all’architetto Francesco Carlo Bizzaccheri che ideò una vasca ad otto punte in omaggio al pontefice ed allo stemma della famiglia Albani. La scogliera al centro è opera di Filippo Bai, mentre i due tritoni inginocchiati con le code incrociate, scolpiti da Francesco Moratti, sorreggono una valva di conchiglia con funzione di catino, decorata sui lati da due monumentali stemmi degli Albani.
Tempio di Ercole Vincitore
Indicato a volte come Tempio di Vesta a causa della sua forma circolare simile al Tempio di Vesta del Foro, il Tempio di Ercole è il più antico edificio marmoreo di Roma, risalente presumibilmente al 120 a.C. ed opera dell’architetto Hermodoros di Salamina.
Secondo alcune fonti il tempio fu commissionato da un ricco commerciante di olio d'oliva, Marco Ottavio Erennio, che lo dedicò ad Ercole protettore degli oleari, dei commerci e della transumanza delle greggi. La zona in cui sorge era infatti un tempo il Foro Boario.
All'interno fu posta una statua di Ercole in bronzo dorato, forse realizzata dallo scultore greco Skopas Minore, rinvenuta in epoca rinascimentale ed oggi conservata ai Musei capitolini.
Successivamente restaurato sotto l'imperatore Tiberio, deve la sua conservazione al fatto di essere stato trasformato in chiesa nel medioevo: nel XII secolo nella Chiesa di Santo Stefano delle Carrozze e, dalla metà del XVI secolo, fu dedicato a Santa Maria del Sole, in seguito al ritrovamento nel Tevere di un’immagine della Madonna considerata miracolosa.
Nel 1809 l’architetto Giuseppe Valadier si occupò di restaurare il tempio su incarico del governo francese, tentando di restituire alla struttura lo splendore originale.
Tempio di Portuno |
Tempio di Portuno
E' dedicato a Portunus, divinità dei porti fluviali, per la vicinanza al Portus Tiberinus ed è conosciuto anche come Tempio della Fortuna Virile. Le sue origini sono riconducibili al IV o III secolo a.C., anche se l'aspetto attuale risale probabilmente alla seconda metà del II secolo, con rifacimenti del I secolo a.C.
Il Tempio di Portuno sorge su un alto podio con gradinata. Le colonne del pronao e quelle agli angoli della cella sono in travertino, le altre in tufo dell'Aniene, scanalate secondo lo stile greco. Nell'interno sono conservati importanti affreschi di epoca bizantina con le storie della vita di Maria: nel IX secolo, infatti, la struttura fu trasformata in chiesa cristiana, Santa Maria de Gradellis e nel XV secolo Santa Maria Egiziaca, titolo mantenuto fino al 1916 quando la chiesa fu sconsacrata e l'antico tempio ripristinato.
Arco di Giano |
Arco di Giano
E' probabile che il nome non si riferisca al dio bifronte Giano, ma derivi dal termine latino ianus, che indica un passaggio coperto. L'Arco di Giano si trova infatti ai margini dell'antico Foro Boario e quasi sicuramente non aveva la funzione di arco trionfale ma serviva da riparo a mercanti, banchieri ed usurai che frequentavano il Foro. A pochi passi c'era il Vicus Argentari, la sede dei banchieri che effettuavano i cambi di moneta o i prestiti nelle operazioni di compravendita al mercato.
La struttura presenta quattro massicci pilastri rivestiti da blocchi di marmo che sostengono una volta a crociera. Le numerose nicchie in origine ospitavano statue andate perdute: gli unici resti della decorazione scultorea sono rappresentati dalle quattro figure femminili sulle chiavi di volta che sono la Dea Roma e Giunone, entrambe sedute, e Cerere e Minerva in piedi.
A completamento nella parte superiore esisteva un piano attico ed un tetto, demoliti nel 1827 perché erroneamente ritenuti parte della fortificazione medioevale costruita sopra l'edificio romano ad opera dei Frangipane che ne chiusero anche i fornici.
San Giorgio in Velabro |
Arco degli Argentari
Oltrepassando l'Arco di Giano raggiungerete quello degli Argentari, una piccola porta inglobata nella Chiesa di San Giorgio in Velabro. In realtà non si tratta di un arco, ma di una struttura architravata dedicata nel dicembre del 204 d.C. dal collegio dei cambiavalute e mercanti di buoi all'imperatore Settimio Severo ed alla sua famiglia. La struttura è rivestita in marmo bianco tranne il basamento che è in travertino ed è fittamente decorata. Attualmente gli zoccoli che sorreggono i pilastri sono interrati di un metro sotto il manto stradale.
Chiesa di San Giorgio in Velabro
La tradizione identifica nel Velabro il luogo dove si fermò la cesta con Romolo e Remo: si trattava di una zona piuttosto acquitrinosa compresa tra il Foro Boario ed il Tevere e soggetta alle inondazioni, in seguito controllate grazie alla realizzazione della Cloaca Maxima.
La chiesa è di antichissima fondazione, costruita forse su un precedente edificio romano ed una delle prime diaconie istituite all’epoca di papa Gregorio Magno, alla fine del VI secolo. Nel VII secolo papa Leone II la dedicò a San Sebastiano mentre il culto di San Giorgio fu istituito presumibilmente a metà dell’VIII secolo, su iniziativa di Papa Zaccaria, quando portò la testa del santo dalla Cappadocia. Gregorio IV la restaurò completamente ed aggiunse il portico che era decorato con mosaici ora scomparsi.
L’interno è a tre navate, divise da una doppia fila di otto colonne in marmo e granito, ornate da capitelli ionici e corinzi. Al di sotto dell’altare, sopraelevato e sovrastato da un ciborio del XII secolo, si apre la finestra che permetteva ai fedeli di vedere le reliquie dei martiri, in questo caso la testa, la spada ed un lembo del vessillo di San Giorgio.
Jacopo Stefaneschi, nominato cardinale di San Giorgio in Velabro da Bonifacio VIII nel 1295, è considerato l'appaltatore degli affreschi dell’abside. Poichè Stefaneschi fu anche importante committente di Giotto, inizialmente si era ritenuto che gli affreschi in San Giorgio fossero di quest’ultimo. Al centro dell'abside è rappresentato Cristo, in scala maggiore rispetto agli altri personaggi. Alla sua destra sono raffigurati la Vergine e San Giorgio con il cavallo mentre regge un vessillo crociato, mentre alla sinistra troviamo San Pietro e San Sebastiano con lancia e scudo.
Sia San Giorgio che San Sebastiano erano ufficiali, entrambi martirizzati da Diocleziano quando scoprì la loro fede. La tradizione racconta che il corpo del santo venne gettato nella Cloaca Maxima e recuperato nei pressi della chiesa di San Giorgio al Velabro dalla matrona Lucina.
Il campanile romanico è riconducibile alla seconda metà del XII secolo.
Numerosi restauri si susseguirono nel corso del tempo, anche per riparare ai danni degli allagamenti che erano frequenti in una zona situata sotto il livello del fiume.
Nel luglio 1993 un attentato terroristico distrusse il portico e il timpano della chiesa: un'esplosione dovuta ad un'auto bomba parcheggiata nei pressi della facciata, carica di circa 100 kg di esplosivo, attribuita a Cosa Nostra ed inquadrata in quel periodo che fu definito dagli inquirenti come le stragi del '93.
Dove dormire a Roma
In via del Velabro Hotel Rhinoceros è un edificio storico che offre alloggi di design progettati dall'archistar francese Jean Nouvel.
In via dei Cerchi, a pochi minuti a piedi dalla Bocca della Verità, Il Monastero collection è un elegante hotel ospitato in un edificio storico.
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